Teatro

Le patate delle donne in tempo di guerra

Le patate delle donne in tempo di guerra

La Compagnia Dionisi è uno degli esempi migliori del teatro contemporaneo: un gruppo di 7 attrici giovani con una produzione di testi innovativi e intensi. In questi giorni stanno portando in tournèe lo spettacolo “Patate. Una parola senza denti sulla guerra”. Dopo la bella rappresentazione al teatro Litta di Milano, abbiamo avuto la possibilità di chiacchierare con l’autrice del testo Renata Ciaravino. Come è nata l’idea di questo spettacolo?

Un comune della provincia di Varese mi aveva chiesto di valutare alcune interviste sulla Seconda Guerra Mondiale fatte dagli studenti ai propri nonni. Così, mentre leggevo quegli scritti, ho pensato di ricavarne un testo teatrale che potesse essere coinvolgente per il pubblico. Il risultato è questo spettacolo. Lo scopo non è raccontare il passato, come gli storici sanno già fare benissimo, ma dare un valore aggiunto, rappresentato dall’umanità di tre donne anziane, che hanno vissuto la guerra e la raccontano sul palcoscenico. Perché il sottotitolo, una parola senza denti sulla guerra?

La parola “patate” non era sufficiente per mettere a fuoco l’argomento. Così abbiamo aggiunto il particolare “senza denti”, perché a pronunciarla sono delle signore anziane, che si presumono essere prive di qualche dente, appunto; in più c’è anche il chiaro riferimento alla guerra. Lo spettacolo si svolge in una cucina formidabilmente reale. Perché questa scelta?

Il testo è composto da un unico atto e tutte insieme, noi della compagnia, abbiamo preso la decisione di ambientarlo in una cucina funzionante, perché volevamo che la scena fosse vera. Anche il trucco al quale si sottopongono le attrici per sembrare molto più vecchie (hanno dai 30 ai 33 anni, ma sulla scena devono dimostrarne 80, ndr) è curato in modo da risultare il più possibile somigliante ai personaggi interpretati. Quale è il messaggio che trasmettete al pubblico?

La mia intenzione era rappresentare l’umanità vera, non i sentimenti retorici. Raccontare la tragicità della vita, che travolge le donne, vittime della guerra, perché restano sole e sono costrette a sopravvivere come possono, mentre i loro uomini sono lontani. Le attrici interpretano tre anziane che hanno vissuto la guerra, ma non riescono a parlarne senza qualche difficoltà, perché l’età non le aiuta e la paura frena le parole. Lo spettacolo si rivolge anche un pubblico giovane, come gli studenti delle scuole medie e superiori. Che risposte avere avuto dai ragazzi che si sono avvicinati a questo tema, che generalmente viene trattato sui banchi di scuola?

I ragazzi che hanno visto lo spettacolo hanno capito che si tratta di un testo semplice. Nel momento in cui vedono entrare in scena le tre attrici, capiscono che non assisteranno all’ennesima lezione di storia, ma a qualcosa di diverso. Anche i momenti di ironia del testo sono finalizzati a stemperare la tensione, non perché l’argomento sia sottovalutato, ma per renderlo di più facile comprensione. Quali sono i programmi futuri della vostra compagnia?

Innanzitutto proseguiremo con la tournèe di “Patate”, che ha debuttato nel 2005 e dopo 3 anni di repliche ha all’attivo più di 70 rappresentazioni. Sicché pensiamo di proseguire ancora, forti del successo ottenuto. In più abbiamo in cantiere altri 2 progetti. Uno è “Polis”, spettacolo che debutterà a novembre a Milano e che vuole essere un percorso sull’evoluzione città, da Babilonia a Milano, il tutto raccontato attraverso la poesia. Questo spettacolo si inserisce in una trilogia che abbiano iniziato con “Eros”, prosegue ora con “Polis” e si concluderà, poi, con “Psiche”. L’altra idea è scrivere una commedia che contenga una riflessione sul teatro contemporaneo, ma è ancora un progetto da sviluppare e quindi non posso dire di più. Un ultima domanda: come si lavora in una compagnia composta esclusivamente da donne?

E’ vero, la nostra compagnia è composta da sole attrici, però la scelta del team tutto al femminile non è stata voluta, ci siamo trovate ad essere tutte donne. Comunque nel lavoro siamo affiancate da anche da tecnici uomini. La sostanza dei fatti, in ogni caso, non cambia e il lavoro è ottimo, con tutti i problemi che potrebbe avere un gruppo misto.